Guerra agli umani

Gli altri erano tre. Uno gli venne incontro con la mano tesa, uno rimase alla guida, l'ultimo si mise ad armeggiare con il portello. Dentro erano cinque. Tutti sul metro e ottanta, tutti grossi. Sguardi storditi dal viaggio e dall'aria viziata. Pinta se li immaginava legati. S'immaginava che i guardiani li minacciassero coi fucili. Si aspettava tentativi di fuga.
Invece niente. Uno dopo l'altro gli slavi scesero, si stirarono, si sgranchirono, presero una boccata d'aria e scomparvero nel Transit.
Quello della stretta di mano passò a Pinta un pacchetto di passaporti tenuti insieme con l'elastico.
- Per metterli in regola - aggiunse con un ghigno.
Pinta li infilò nel cappotto, spense la sigaretta e salí al posto di guida.
Il Marcio era già a bordo.
Stava preparando un tiro.
Non alzò nemmeno la testa. Disse: - Adesso me la spieghi, questa cosa dell'anticipo?


30. Castel Madero

Il comune di Castel Madero farà sí e no duemila abitanti. Mille il capoluogo, il resto le frazioni.
Fino all'Ottocento era un punto di passaggio importante, sulla strada romana che scavalcava le montagne al Passo delle Vode. Poi hanno aperto la fondovalle e il paese è rimasto tagliato fuori. I ruderi del castello e il palazzo dei Capitani testimoniano ancora l'antico splendore. Per il resto, non c'è motivo di spingersi quassú. Le trattorie cucinano bene ma senza essere famose. Il borgo è grazioso, arroccato, ma un paio di inserti anni Sessanta guastano senza scampo l'atmosfera medievale. I dintorni sono belli ma poco battuti, con sentieri segnati male e niente rifugi. La sagra della castagna la fanno già ovunque. Inutile ramazzare le briciole. Con lo sci, non c'è da sperare. Il Belvedere e Monte Budadda sono esposti a sud: la neve si squaglia alle dieci di mattina e ghiaccia alle tre del pomeriggio. L'albergo per ultrasessantenni non è mai decollato. Resta in fondo al paese, col suo cemento rosa e i terrazzoni puntati sulla valle, monumento sgraziato alle illusioni del turismo.
Un tempo, nelle domeniche di sole, truppe di villeggianti marciavano compatte sulle rive del Madero, armati di griglie, canne da pesca, nonni anchilosati e metri di salsiccia. Radioline si rimpallavano i risultati delle partite. Salici e ontani rubavano freesbee ai bambini. Contenitori minuscoli vomitavano immondizia. Chitarre, ghettoblaster e suonerie cellulari si sfidavano in gare di decibel. L'acqua del fiume era fresca. Le pozze erano limpide. I boschi golenali straripavano pattume.
Da quando i cantieri per la ferrovia veloce hanno colonizzato la riva opposta, nemmeno un bagno ristoratore spinge piú qualcuno in Alta Valmadero.
Bisogna volerci capitare. Proprio come il sottoscritto.

A ricordarti che aspetto devi avere, bastano duecento metri e uno sguardo. I duecento metri tra il cartello CASTEL MADERO e la prima casa del paese. Lo sguardo di una vecchia affacciato sul davanzale. Dev'essere di quelle che stanno lí tutto il giorno, programmate per il saluto o il sospetto. Viene da pensare che le paghi il Comune.
Barba di due settimane. Profumo di bosco. Vestiti puliti, lavati nel torrente e sgrassati con la cenere. Fossero pure stirati bene, non ci sarebbe nulla da eccepire. Ma col fondo del bollitore pieno d'acqua calda, non te la cavi ancora come un vero ergastolano. La vecchia si gira e ti guarda storto.
Non può sapere che in un giorno nemmeno troppo lontano, il sottoscritto scenderà in paese come un liberatore, col suo corteo di bestie selvagge, lupi, tassi e cervi dalle corna imponenti. Nessuno baderà alla piega dei suoi vestiti, e la barba lunga fino al petto verrà lodata come simbolo di saggezza. I festeggiamenti dureranno settimane, con musica, danze e castagnaccio. Allora i bambini spegneranno la televisione e chiederanno ai matti di raccontare altre storie. Ognuno avrà qualcosa da insegnare: i fornai a fare il pane, i contadini a coltivare lattuga, gli imbranati a non prendersi sul serio.
Poi la festa finirà, e il supereroe troglodita farà ritorno alla sua dimora, sulle montagne. Tutto sembrerà tornare come prima, finché un bambino non farà cuocere la sua pagnotta, per offrirla allo scemo del villaggio in cambio di nuovi racconti.
Per il momento, mi accontento di lanciare un "buongiorno" all'indirizzo della vecchia. Non ricambia, attanagliata dal dubbio. Un sospetto che saluta è difficile da catalogare.
Evito di metterla in ulteriore imbarazzo chiedendo dove si trovi la caserma dei carabinieri.
Al primo bar che incontro, raccoglierò informazioni.
Non in quello di Gaia, se possibile. Non deve sapere che ho seguito il consiglio.

Viene a trovarmi l'altro giorno, e subito trova da ridire sulla traccia di sentiero che a forza di andirivieni s'è stampata sull'erba, tra la grotta e il limitare del bosco.
Dice: è cosí che nascono le autostrade. Davvero? Non per vendere piú automobili? Sí, magari anche quello, però anche l'abitudine è una brutta bestia, e se dieci giorni di civiltà troglodita hanno già il loro impatto ambientale, non ci si può lamentare per i viadotti di Babilonia. Giusta osservazione, che mi offre l'opportunità di precisare quanto segue: Popoli, governi, nazioni e cani sciolti, ascoltate. Il sottoscritto ha un impatto ambientale. Se qualcuno pensava che avrei recuperato l'armonia con la natura, si è giocato male le sue illusioni. Tale armonia è impraticabile. L'Uomo Nuovo non conosce purezza, per fortuna. È un meticcio, col cervello a mollo nei gas serra e i piedi nel fango del neolitico. Basta col culto dell'ineluttabile: traccia un sentiero, diventerà autostrada, dunque non muoverti, non fare nulla, l'umanità è condannata. Questa pista nel bosco è soltanto foriera di incontri. Senza di essa, non avrei ricevuto le visite del facocero e del nuovo coinquilino. Facocero? Sí, un cinghiale a quattro zanne. Lui mi porta dove ci sono i meli, io raccolgo per entrambi. Caspita, bella simbiosi. E come si chiama, il tuo nuovo amico? Non si chiama: è un cinghiale. Era per quello che mi hai chiesto il manuale sul comportamento...Sí, era per quello. Be', te l'ho portato. "Cinghiale. Conoscere per capire. Manuale pratico per la gestione del Sus scrofa". Forte, no? Aspetta, prima devi spiegarmi la storia del coinquilino. Sí, un onest'uomo, costretto al vagabondaggio dalla vostra civiltà e accolto a braccia aperte dalla nuova. Un ragazzo nigeriano senza casa. Fantastico. Se cercava una casa, ha trovato la persona giusta. Pensa che strano: uno taglia la corda da questa civiltà e va a stare in una grotta. Un altro non vede l'ora di farne parte, e anche lui si piazza in una grotta. Cos'è, una specie di foresteria? No, soltanto l'unico approdo rimasto, a prescindere dai bisogni. Un approdo felice, se ti organizzi bene e porti da casa qualche maglione. Bravo, e se uno non ce l'ha, il maglione? Se ha una famiglia da mantenere? Cosa fa, mette in una busta un chilo di radici e gliele spedisce a fine mese? Che ne sai dei veri bisogni, tu e i tuoi maglioni? Hai ragione. Forse ne capisco poco. Fino all'altro ieri credevo di aver bisogno di un lavoro decente, figurati, e di inutensili a centinaia. Oggi so una cosa: Babilonia intende suicidarsi, il sottoscritto preferirebbe evitare. Comunque mi piacerebbe conoscerlo, questo tuo coinquilino, cosí magari lo avverto che i carabinieri possono passare di qui da un momento all'altro. Non sono sicura che gli faccia piacere. Ma scusa, non ti avevo chiesto di non dire che c'ero anch'io? E infatti non gli ho detto niente, ma quanto pensi che gli ci vuole a trovarti? Stanno perlustrando il bosco e le montagne e uno scoppiato come te fa proprio al caso loro. Magari ci farei un pensiero.
Mentre ce lo faccio, lei tira fuori un secondo manuale. Arredare con la natura. Dice che insegna a fare i comodini coi ceppi di abete, le sedie di pietra, i piatti d'argilla. Può esserti utile. E il sottoscritto: Grazie, tesoro, ma vedi, "civiltà troglodita" non è il nuovo reparto Ikea. Lei mi spernacchia, borbotta qualcosa sulla paura di essere questo o quello che alla fine non ti fa essere un nulla, poi molla il libro e se ne va scocciata. Il sottoscritto riflette. Una visita al maresciallo risolverebbe molti problemi. Sono già in ritardo di quattro giorni, rispetto ai patti.
Alla fine, ho seguito il consiglio. Ma non voglio dargliela vinta.
Sto pure costruendo il comodino come illustrato sul manuale. Magari dopo si monta la testa.

Sulla piazza principale, i bar sono due. Ne scelgo uno. Entro. Ordino un cappuccio.
Gli avventori sono intenti in discussioni accese. Alcune riguardano le carte. Altre una scultura di sapone. Il barista sistema un rotolo di carta dentro il registratore di cassa aiutandosi con qualche bestemmia. Il mio cappuccino è l'ultimo dei suoi problemi. Gli unici occhi interessati al sottoscritto appartengono a un'enorme testa di cinghiale che sporge dal muro sopra i liquori.
Forse una telecamera nascosta.
Le pupille di vetro sembrano ammiccare, mentre sul bancone plana il cappuccino.
Quel cappuccino che non potrai pagare.
- Senta, mi scusi...
Lui è già sparito. Tu sei nella merda. Inguaiato da un'abitudine. La fata te l'aveva detto, che era una brutta bestia.
Tiri indietro il busto, neanche ti avessero servito un cubo di criptonite. Centoventi gradi di torsione per offrire un sorriso al popolo dei tavolini.
- Il cappuccio di chi era?
L'indice puntato sulla tazzina, come se la cosa non ti riguardasse. Il tono gentile di chi si preoccupa per le consumazioni altrui.
Giocatori di tresette e professionisti della logorrea si interrompono per una consultazione. Il responso è un'alzata di spalle e un paio di musi allungati.
Il cinghiale scuote la testa con malcelato paternalismo.
Apri la bustina dello zucchero e la rovesci nella tazza. Tanto per darti un contegno. Il cappuccino ti piace amaro.
Bene. Rapida valutazione delle alternative. Fingere subito un malore e stramazzare al suolo. Bere il cappuccino, ormai troppo dolce, fingere un malore e stramazzare al suolo. Battere una mano sulla fronte, farfugliare qualcosa a proposito di un elettrodomestico rimasto acceso e fuggire. Barattare la consumazione con cinque bulbi di ciclamino, o mezzo chilo di muschio da presepe, o una bottiglia di acqua di sorgente per fare il tè alla maniera di Lu Yü.
Il sottoscritto vuole restare in buoni rapporti con Babilonia. Primo, perché essa si ostina a mantenere un apparato di polizia. Secondo, perché preferisco violare un confine, piuttosto che tracciarlo.
Prima o poi doveva capitare. Tanto vale affrontare il problema. Niente svenimenti, niente fughe. Sei pur sempre un supereroe. Costoro devono imparare a rapportarsi col sottoscritto, e viceversa. Il sottoscritto ha rinunciato al denaro. Vogliamo fargliene una colpa? No. La nuova civiltà è pronta a farsi conoscere. Siamo una realtà solida, ormai: il supereroe troglodita, la caverna, il facocero, e il nostro amato ospite della Nigeria. Nascosto in mezzo ai cespugli, casomai arrivassero i carabinieri prima che le due civiltà stipulino un accordo sull'immigrazione clandestina.
Cosa posso barattare? Non ho che un bastone da passeggio, intagliato a mano, altrimenti dovranno credermi sulla fiducia. Bulbi di ciclamino? Ne ho quanti volete. Castagne? A bizzeffe.
Saranno interessati alle castagne? Ce le hanno sotto casa, ma forse gli manca il tempo di raccoglierle. E il tempo costa caro. Per fare un chilo di castagne ci vuole mezz'ora di raccolta. Con una telefonata di mezz'ora un consulente aziendale guadagna abbastanza da comprare una bici da corsa. Nello stesso tempo, un addetto alle pulizie accumula la somma per un panino al salame. Un baratto equo deve tenere conto di certe differenze. Se il consulente vuole le mie castagne, si prepari a sganciare la bici.

...continua


Consult the complete list of available texts.

This site uses the texts available on the web sites LiberLiber and Project Gutenberg where you can download them for free.

Share Share on Facebook Share on Twitter Bookmark on Reddit Share via mail
Privacy Policy Creative Commons Attribution-Share Alike Trovami