Gli innamorati

FLA. Mi maraviglio di voi, signor Fulgenzio, che vi fate tanto pregare.
FUL. Mi farei pregar meno, se non temessi di recar disturbo alla compagnia.
EUG. Che ragioni fiacche! dite che non volete restare perchè vi preme di andare a casa, per non lasciar sola la signora Clorinda vostra cognata. Ecco il perchè. Ha ragione, signor zio. Non l'obbligate a dar un dispiacere a quella povera signorina .
FUL. (Sì: vuol rimproverar me, perch'io non abbia occasione di rimproverar lei). (da sè)
EUG. (Ora mangia il veleno. Lo conosco. Ci ho gusto). (da sè)
FLA. (Se foste mia figlia, vi darei degli schiaffi). (da sè)
FAB. Via, signor Fulgenzio, mi lasci andare in cucina, mi consoli con un bel sì.
FUL. Per far vedere che qualcheduno s'inganna, resterò a godere le vostre grazie.
FAB. Oh bravo !
EUG. (Ora sono contenta!) (da sè)
FLA. E viva il signor Fulgenzio.
FAB. Ma facciamo le cose ben fatte. Signor Fulgenzio, Eugenia mia nipote vi supplica di una grazia.
FUL. Io non son degno dei comandi della signora Eugenia.
FAB. Via, che occorre? Ci conosciamo. Eugenia mia nipote vi prega, vi supplica, che subito andiate a casa, che prendiate la signora Clorinda vostra cognata, e che la conduciate qui a pranzo con noi .
FUL. La signora Eugenia mi prega di questo?
EUG. Io non mi sono mai sognata questa bestialità.
FAB. Bestialità la chiamate?
EUG. Sì, vi par cosa propria incomodar una signora a quest'ora?
FAB. E' ora incomoda questa? Vi mancano due ore a mezzogiorno. Ha tempo quanto vuole a vestirsi, a conciarsi, e a venire a bell'agio.
FLA. (Pare che c'entri il diavolo a bella posta.) (da sè)
EUG. Basta, io lascio fare al signor Fulgenzio.
FAB. Pregatelo. (ad Eugenia)
EUG. Oh, questo poi no.
FAB. Lo prego io dunque. (a Fulgenzio)
FUL. Dispensatemi. Son certo che mia cognata non ci verrà.
EUG. (E' certo che non verrà, perchè sa che colei non mi può vedere).(da sè)
FAB. Proviamo, andate a dirglielo in nome mio.
FUL. No certo, signore. Scusatemi, non ci vado.
FAB. E volete che stia a mangiar sola? Non è dovere.
FUL. Piùttosto non ci resterò nemmen io.
EUG. Sì, piùttosto andrà con lei, a servirla di compagnia; lasciatelo andare.
FUL. (Se non crepo, è un prodigio).(da sè)
FLA. (Ma giusto cielo! che testa è quella?) (da sè)
FAB. Orsù, non occorre altro. (So io quel che farò. Anderò io a invitarla). Succianespole.

SCENA DECIMA

SUCCIANESPOLE e detti.

SUC. Signore. (con una stoviglia in mano)
FAB. (Tieni questo grembiale, che or ora vengo, e senti: cresci qualche cosa per due persone di più). (a Succianespole)
SUC. (E le posate?) (a Fabrizio)
FAB. (Oh diavolo! come faremo?)
SUC. (Come faremo?)
FAB. (Ingegnati).
SUC. (Vi sono quelle di legno).
FAB. (Sciocco! la riputazione. Zitto, l'ho trovata. Farò così, me ne farò prestar due dalla signora Clorinda. E' una donna di garbo, non dirà niente a nessuno. Farò bene?)
SUC. (Gnor sì).
FAB. (Va a lavorare).
SUC. (Gnor si). (parte)
FAB. Con licenza di lor signori.

...continua


Consult the complete list of available texts.

This site uses the texts available on the web sites LiberLiber and Project Gutenberg where you can download them for free.

Share Share on Facebook Share on Twitter Bookmark on Reddit Share via mail
Privacy Policy Creative Commons Attribution-Share Alike Trovami