La vedova scaltra

Ros. Perché no? Se mi capitasse una buona occasione, forse l'abbraccerei.
Dott. Vi è un cavaliere spagnuolo, che ha dell'inclinazione per voi.
Ros. Come si chiama?
Dott. Don Alvaro di Castiglia.
Ros. Lo conosco. Era ier sera alla festa di ballo.
Dott. Egli m'ha pregato acciò l'introduca da voi, ed è venuto meco sin qui. So che è un cavaliere pieno di civiltà e di onestà; onde, se non avete cosa in contrario, mi farete piacere a riceverlo, tanto più che può darsi non sia inutile per voi la sua inclinazione.
Ros. Quando mio padre me lo presenta, non ricuso di ricevere il cavaliere spagnuolo.
Dott. Figliuola mia, sarebbe bene che vi rimaritaste. Compatitemi se ve lo dico. Una vedova sui festini non fa la miglior figura di questo mondo.
(parte)


SCENA II

Rosaura poi Don Alvaro.

Ros. Mi mortifica gentilmente. Ma gran conquiste che ho fatte io ier sera! Tutti rimasero incantati. Non so che cosa avessi di straordinario. Ma ecco lo Spagnuolo. Viene con passo geometrico. Solita gravità della sua nazione.
Alv. Riverisco donna Rosaura de' Bisognosi.
Ros. M'inchino a don Alvaro di Castiglia.
Alv. Vostro padre mi ha obbligato ch'io venga a darvi il presente incomodo, ed io non ho mancato di compiacerlo, anche per il piacere di riverirvi.
Ros. Mio padre è stato troppo indiscreto andare a voi un sì gran disturbo, e condurvi ad annoiarmi della mia stucchevole conversazione.
Alv. Voi siete una dama di molto merito, e però trovo bene ricompensata qualunque pena per voi mi prendo.
Ros. Vuol favorire? S'accomodi.
Alv. (É ancor più bella di giorno che di notte.) (siede)
Ros. (Mi mette in una gran soggezione.) (siede)
Alv. Eccovi una presa del mio tabacco. (le dà il tabacco)
Ros. Veramente prezioso.
Alv. Questo l'ebbi ieri, con una staffetta speditami dalla duchessa mia madre.
Ros. Certo non può esser migliore.
Alv. Eccolo al vostro comando.
Ros. Non ricuserò l'onore di metterne un poco nella mia tabacchiera.
Alv. Servitevi della mia.
Ros. Non permetterei che doveste restarne senza.
Alv. Ebbene, datemi in cambio la vostra.
Ros. Ma la mia è d'argento, e la vostra è d'oro.
Alv. Che oro! Che oro! Noi stimiamo l'oro, come il fango. Fo più conto di una presa del mio tabacco, che di cento scatole d'oro. Favorite.
Ros. per compiacervi. (fa il cambio della scatola) Don Alvaro, come vi piace la nostra Italia?
Alv. É bella, ma non ci vedo quell'aria maestosa, che spira per tutti gli angoli della Spagna.
Ros. E delle Italiane che ne dite?
Alv. Non conoscono la loro bellezza.
Ros. Perché?
Alv. Perché? S'avviliscono troppo, e non sanno sostenere bastantemente il decoro del loro merito.
Ros. Ma che? Le vorreste superbe?
Alv. Le vorrei più gravi e meno popolari.
Ros. Ma il nostro costume è tale.
Alv. Piano, non parlo di voi. Voi non sembrate italiana. La scorsa notte mi sorprendeste. Vidi sfavillare dai vostri occhi un raggio di luminosa maestà, che tutto mi empié di venerazione, di rispetto, e di maraviglia. Voi mi sembraste per l'appunto una delle nostre dame, le quali, malgrado la soggezione in cui le teniamo, hanno la facoltà d'abbattere ed atterrare co' loro sguardi.
Ros. Vi ringrazio della favorevole prevenzione che di me avete. Ma avvertite a non ingannarvi.
Alv. Uno Spagnuolo non è capace di restare abbagliato. Noi abbiamo la vera cognizione del merito.
Ros. Lo credo, ma qualche volta la passione fa travedere.
Alv. No, no, non è possibile che gli Spagnuoli amino per una passione brutale. Prima d'accendersi, vogliono conoscere l'oggetto delle loro fiamme. La bellezza appresso di noi non è il più forte motivo de' nostri amori.
Ros. Ma di che dunque vi solete invaghire?
Alv. Del contegno e della gravità.

...continua


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