La novella del buon vecchio e della bella fanciulla

Poi il vecchio avrebbe voluto riprendere subito il suo aspetto da filantropo. Che scopo c'era ormai di conservare l'aspetto odioso del seduttore? Ebbe il buon gusto di non parlare piú di impieghi. Diede invece presto del denaro. Poi, dopo una lieve esitazione, ne diede separatamente una seconda volta e questo lo destinò a quella cara Signora, alla mamma. Per apparire filantropico bisogna pur dare anche a chi non ha meritato. Poi è vero che i vecchi danno sempre il denaro a rate, mentre i giovani vuotano con un solo gesto la tasca salvo a pentirsene poi.
La giovinetta ebbe cosí l'arduo compito di dover accettare per ben due volte il denaro, e fingere per due volte di non volerne. Per una volta è facile e tocca a tutte. Ma la seconda volta? Essa non trovò la variazione che occorreva e ripeté macchinalmente la parola e il gesto che aveva impiegati la prima volta. Anche la terza volta avrebbe detto: - Del denaro? Io non ne voglio! - e l'avrebbe preso dichiarando: - Ma io ti voglio bene! - Dopo la seconda volta restò un po' turbata e il vecchio attribuí tale turbamento al suo disinteresse. Invece può anche essere ch'essa dubitasse che l'importo datole fosse stato piccolo e frazionato in due per farlo apparire maggiore.
Quest'avventura tanto semplice divenne piú complessa nella mente torbida del buon vecchio. È destino! Per un verso o per l'altro, anche quando un vecchio paga sapendo che i favori non possono piú essergli regalati, egli finisce sempre col falsare le avventure d'amore e merita presto il riso di Beaumarchais e la musica di Rossini. Il mio buon vecchio, - tanto intelligente - non rise delle parole pur cosí poco elaborate della giovinetta. L'avventura doveva restare «vera» ed egli collaborava volonteroso alla falsificazione. La giovinetta era tanto graziosa che nessuna sua parola poteva apparire stonata. Ora tale falsificazione ebbe qualche importanza ma solo nell'anima del vecchio. All'esterno non ne ebbe altra che di rendere un po' piú lunga la durata di quel primo abboccamento ed anche di quelli che seguirono. Se il vecchio avesse potuto comportarsi secondo il suo desiderio, avrebbe allontanata presto la giovinetta perché i vecchi hanno l'immoralità breve. Ma con una donna che ama non si può mica procedere cosí alla spiccia. Egli non era un vanesio. Pensava: - La giovinetta ama il lusso del mio ufficio, della mia casa, della mia persona. Forse le piace anche la dolcezza della mia voce e la finezza dei miei modi. Ama questa mia stanza in cui vi sono tanti buoni cibi. Ama tante mie cose che un poco può amare anche me. - L'offerta dell'amore è un bellissimo complimento e piace anche quando non si sa che farsene. Alla peggio può almeno equivalere ai titoli cavallereschi delle persone che negoziano in buoi, eppure si sa che ne vanno tanto gelose. Essa gli disse, ma senza alcuna intenzione di farne una tragedia, ch'egli era stato il suo primo amante. Ed egli lo credette. Insomma il buon vecchio dovette trattenersi per non offrire denaro per la terza volta. S'adagiò tanto volentieri in cosí grande dolcezza da sentirsi ferito allorché essa gli disse di non amare i giovani e di preferire i vecchi. Fu un brutto risveglio di sentirsi dare del vecchio e un dolore di dover inchinarsi per ringraziare della gentile dichiarazione. Però l'abboccamento anche quando fu meno amoroso non fu certo una tortura per il buon vecchio. La fanciulla era tutta occupata a distruggere la buona cena che le era stata offerta e cosí lui poteva riposare a suo agio.
Fu però lieto di vederla partire e di restare solo. Egli era uso alla conversazione delle persone serie e non gli era possibile di sopportare per troppo tempo il vacuo discorso della bella giovinetta. Si dirà che vi sono artisti e pensatori, gente piú seria del mio vecchio commerciante, che da giovani sopportano con delizia il cinguettio di una bella bocca. Ma si vede che i vecchi per certi rapporti sono piú serii dei piú serii giovani.
Il buon vecchio andò a coricarsi sempre un po' preoccupato. Quando fu nel suo letto disse: - Non pensiamoci piú. Forse non la vedrò mai piú. - Era tanto poco sicuro del proprio amore che aveva stabilito con lei che al prossimo ritrovo l'avrebbe invitata con un bigliettino. Bastava perciò non scrivere ed egli ridiveniva l'uomo virtuoso ch'era stato sempre.
Prima di pigliar sonno fu torturato dalla sete. Aveva bevuto troppo e mangiato delle cose troppo condite. Chiamò la donna che gli dirigeva la casa e ne ebbe un bicchiere d'acqua e un'occhiataccia di rimprovero. Essa - non piú tanto giovine - aveva sempre sperato di finire padrona della casa. Poi aveva pensato che il ritegno del vecchio fosse dovuto al suo spirito di casta e vi si era rassegnata perché in una o nell'altra casta si nasce senza propria colpa. Ora essa aveva potuto vedere per un istante la giovinetta quando costei s'allontanò. Apprese perciò che lo spirito di casta non impediva nulla al buon vecchio. Ciò equivalse per lei ad un vero e proprio schiaffo. Si dirà che anche le qualità che rendono piú o meno desiderabili non dipendono dal proprio merito o demerito. Ma essa riteneva di avere quelle qualità e perciò era colpevole il vecchio di non avvedersene.


IV.

La parola con cui il vecchio richiamò la fanciulla al ritrovo fu scritta pochi giorni appresso, ben prima di quanto egli l'avesse previsto quella sera coricandosi. Le scrisse sorridendo, contento di sé. Si lusingò anche che il secondo abboccamento sarebbe stato piú ricco di gioie. Invece fu identico al primo. Quando congedò la giovinetta fu altrettanto prudente come la prima volta e stabilí di nuovo ch'essa sarebbe ritornata a lui quando egli l'avrebbe richiamata. La richiamò ancor piú presto al terzo abboccamento, ma il congedo fu lo stesso. Mai arrivò a stabilire subito il prossimo convegno. Perché il buon vecchio era sempre felice: quando chiamava la fanciulla e quando la congedava, cioè quando intendeva di ritornare alla virtú. Se, congedando la fanciulla, egli avesse subito stabilito il prossimo ritrovo, tale ritorno alla virtú sarebbe stato meno intero. Cosí invece mancava ogni compromissione e la sua vita restava regolata e virtuosa con l'eccezione di un brevissimo intervallo.
Degli abboccamenti poco piú ci sarebbe da dire se il vecchio non fosse stato colto dopo qualche tempo da una folle gelosia. Folle non per la sua violenza ma per la sua stranezza. Ecco: non si manifestava quando egli scriveva alla giovinetta perché era il momento in cui egli la portava via agli altri; né quando la congedava perché era il momento in cui agli altri la consegnava, volonteroso, tutta. La gelosia da lui s'accompagnava proprio all'amore, nello spazio del tempo. L'amore ne era rilevato e l'avventura diveniva piú «vera» che mai. Una delizia e un dolore indescrivibile. A un dato momento gli si figgeva in mente il pensiero che la giovinetta senza dubbio avesse degli altri amanti e tutti giovani quanto lui era vecchio. Se ne doleva per sé (oh! tanto!), ma anche per lei che poteva perderci ogni possibilità di vita decorosa. Guai se si fosse fidata di altri come s'era fidata di lui. Nella gelosia faceva capolino la propria colpa. È perciò che a compensare il proprio iniquo esempio, il vecchio s'abituò a predicare la morale proprio quando faceva all'amore. Le spiegava quanti pericoli le potevano derivare dagli amori disordinati.
La giovinetta protestava di non avere che un amore, quello per lui. - Ebbene! - gridava il vecchio nobilitato nello stesso tempo dall'amore e dalla morale, - se tu, per ritornare alla virtú dovessi risolvere di non vedermi piú, io ne sarei felice. - Qui la giovinetta non rispondeva e ciò per buone ragioni. Per lei l'avventura era chiara tanto che non le era possibile di mentire come faceva lui. Non bisognava lasciare per il momento quella relazione. Era anche facile di tacere quando egli la copriva di baci. Quando però egli si permetteva uno sfogo piú sincero e parlava, - attribuendoglieli - di altri amanti, allora essa ritrovava la parola: - Come poteva crederlo? Prima di tutto essa non passava le vie della città altro che in tramvai, poi sua madre la sorvegliava e infine nessuno voleva saperne di lei, poveretta! - E giú un paio di lagrime. Cattiva retorica quella che s'appiglia a tanti argomenti, ma intanto dal vecchio sparivano l'amore e la gelosia e si poteva ritornare alla cena.
Si può da ciò vedere come funzionino regolarmente i vecchi. Dai giovani ogni singola ora è disordinatamente occupata dai sentimenti piú disparati mentre dai vecchi ogni sentimento ha la sua ora, tutta. La giovinetta camminava di conserva col vecchio. Quando la voleva, veniva; se ne andava quando non la voleva piú. Discutevano! Poi facevano all'amore e mangiavano indi di buonissimo umore.
Il vecchio, forse, mangiava e beveva troppo. S'attaccava ad una manifestazione di forza.
Non voglio mica dire che sia perciò che il vecchio ammalò. È chiaro che un eccesso di anni è piú pericoloso che un eccesso di vino, di cibo e anche di amore. Può essere che uno di tali eccessi aggravi l'altro, ma a me non importa di asserire neppure tanto.


V.

S'era coricato tranquillo come ogni sera e specialmente quelle sere in cui finalmente dopo di aver mangiato tutto quello che le era stato offerto, la giovinetta se ne era andata.
Prese presto sonno. Ricordò poi di aver sognato, ma tanto confusamente che egli niente piú ricordava. Molte persone dovevano averlo circondato urlando, discutendo con lui e fra di loro; poi tutte s'erano allontanate ed egli, frastornato, s'era sdraiato su un sofà per riposare. Allora su un tavolino proprio all'altezza del sofà vide un grosso topo che lo guardava con i suoi piccoli occhi lucenti. V'era un riso, anzi una derisione in quegli occhi. Poi il topo sparí, ma egli con spavento s'accorse che era penetrato nel suo braccio sinistro e scavando furiosamente procedeva verso il petto causandogli un dolore insopportabile.
Si destò ansante, coperto di sudore. Era stato un sogno, ma qualche cosa di reale restava: il dolore insopportabile. L'immagine dell'oggetto che causava il dolore subito mutò. Non era piú un topo, ma una spada confitta nella parte superiore del braccio e di cui la punta arrivava allo sterno; arcuata, non tagliente ma ruvida e velenosa perché dove toccava comunicava il dolore. Non gli permetteva il respiro e alcun movimento. La spada si sarebbe potuta spezzare squarciandolo se egli si fosse mosso. Egli urlava e lo sapeva perché lo sforzo di farsi sentire gli ledeva la gola, ma non sentí con certezza il suono che emetteva. C'erano molti rumori in quella stanza vuota. Vuota? In quella stanza c'era la morte. S'avvicinava a lui dal soffitto un'oscurità profonda, una nube che quando lo avrebbe raggiunto, gli avrebbe soppresso il piccolo respiro che ancora gli era concesso e l'avrebbe tagliato per sempre da ogni luce mandandolo fra le cose basse e sudice. L'oscurità s'avvicinava lentamente. Quando l'avrebbe raggiunto? Oh! certo! Poteva anche dilatarsi da un momento all'altro e avvilupparlo e strangolarlo in un attimo. Cosí era fatta la morte di cui aveva saputo dall'infanzia in su? Cosí insidiosa e accompagnata da tanto dolore? Egli si sentiva colare le lagrime dagli occhi. Piangeva dal terrore e non per destare pietà, perché egli sapeva che pietà non c'era. E il terrore era tanto grande che a lui parve di essere privo di colpa e di peccato. Veniva strangolato a quel modo, lui buono e mite e misericordioso.
Quanto tempo durò quel terrore? Egli non avrebbe saputo dirlo e avrebbe potuto credere che fosse durato tutta una notte se la notte poi non fosse stata troppo lunga. Gli parve che prima si fosse allontanata da lui l'oscurità minacciosa e poi il dolore. La morte non c'era piú e il giorno appresso egli avrebbe risalutato il sole. Poi il dolore si mosse e fu subito un sollievo. Fu esiliato piú in alto verso la gola donde poi sparve. Egli s'avvolse nelle coperte. Batteva i denti dal freddo e un tremito convulso gli impediva il riposo. Il ritorno alla vita era però completo. Egli non gridò piú e fu lieto che il suo lamento non fosse stato udito. La donna di casa - maliziosa - avrebbe ritenuto causa del male la visita della fanciulla della sera prima, per questa via egli ricordò la fanciulla e, subito, pensò: - Io all'amore non faccio piú!


VI.

Il dottore, chiamato alla mattina, esaminò, studiò, e non diede subito grande importanza all'accesso. Il vecchio gli aveva raccontato l'avventura della sera prima, compresovi cibo e sciampagna, e al dottore parve che il male fosse dovuto a quel disordine. Disse ch'era sicuro che il male non si sarebbe ripetuto a patto che il vecchio avesse saputo vivere in riposo, prendere regolarmente ogni due ore una certa polvere e si fosse astenuto dal vedere l'oggetto del suo amore e anche dal pensarci.
Il dottore che aveva la stessa sua età ed era suo antico amico lo trattava con grande confidenza: - Tu potrai andare dalla tua amante solo quando te lo permetterò io.
Il vecchio, che ci teneva alla propria salute piú del dottore, pensava invece: - Anche quando tu me lo permettessi non andrei da lei! Stavo tanto meglio prima di conoscerla!
Poi, però, lasciato solo, pensò subito alla giovinetta per liberarsene definitivamente. Egli tuttavia ricordava che la giovinetta lo amava. La credeva perciò capace di venire a trovarlo dopo qualche tempo anche senza suo invito. Tutti sanno la potenza dell'amore. E allora che figura ci avrebbe fatta lui che aveva deciso di non riceverla neppure col permesso del dottore? Le scrisse che improvvisamente e per lungo tempo doveva lasciare la città. Al suo ritorno l'avrebbe avvisata. Uní alla lettera un importo di denaro destinato a saldare il conto con la propria coscienza. La lettera si chiudeva anche con un bacio, scritto dopo un istante di esitazione. No! Quel bacio non gli aveva alterato il polso.
Il giorno appresso si sentí rassicurato per una notte tranquilla benché quasi insonne. Il grande dolore non s'era ripetuto mentre egli, ad onta delle assicurazioni del medico, aveva temuto di venirne colto ogni notte nell'oscurità. Si ricoricò piú tranquillo e riacquistò la fiducia, ma non il sonno. Si sentiva il brontolío del cannone ed il buon vecchio si domandava: - Perché non hanno ancora inventato il modo di ammazzarsi senza fare tanto chiasso? - Non era tanto lontano quel giorno in cui il suono del combattimento aveva destato in lui un sentimento generoso. Ma la malattia gli toglieva quel residuo di spirito sociale che la vecchiaia non era riuscita a distruggere in lui.
Il dottore nei prossimi giorni cacciò delle gocce fra polveretta e polveretta. Poi, per garantire il sonno notturno, veniva di sera a fargli delle punture. Anche per l'appetito venne la medicina speciale che bisognava prendere a date ore. Non mancavano le occupazioni nella giornata del vecchio. E la donna di casa, reietta nei giorni buoni, divenne molto importante. Il vecchio, che sapeva essere riconoscente, si sarebbe forse affezionato a lei, che qualche volta doveva levarsi anche di notte per propinargli delle medicine. Ma essa aveva un difettaccio: non gli perdonava i suoi trascorsi e vi faceva allusione di sovente. La prima volta che per cura dovette propinargli una piccola dose di sciampagna, l'accompagnò con l'osservazione: - È tuttavia di quella ch'era stata acquistata per tutt'altro scopo.
Per qualche tempo il vecchio protestò volendo farle credere che fra lui e la giovinetta non ci fosse altro che un affetto purissimo. Poi, visto ch'essa non si lasciava smuovere dalla sua convinzione, egli cominciò a credere ch'essa la sapesse lunga e lo avesse spiato. Chissà in quale istante? Lungamente indagò per intenderlo. Arrossiva specialmente di quello che la donna sapeva perché il resto non esisteva, ma con quella maledetta donna finiva coll'esistere tutto date quelle sue allusioni vaghissime colle quali si poteva ricordare l'avventura intera. Ne risultò ch'egli non poté piú soffrire quella donna e la tollerava a sé daccanto soltanto quando di lei aveva bisogno. Vero che ne aveva bisogno anche per chiacchierare, cosí che neppure di quest'odio che sarebbe stato abbastanza vitale nulla risultò. Si limitò a dire a bassa voce al medico: - È brutta come il peccato.
In quella lotta con la sua donna ricordava la giovinetta, ma non per rimpiangerla. Egli rimpiangeva solo la salute o meglio ciò ch'egli riguardava come la propria gioventú. La gioventú era morta con l'ultima visita della giovinetta e il rimpianto di questa sussisteva nel rimpianto di quella. Ora, sul serio, egli avrebbe procurato un impiego alla giovinetta... se egli avesse riavuto la salute. Poi sarebbe ritornato alla sua grande proficua attività e non al peccato. Il peccato era quello che danneggiava la salute.
L'estate andò via. Uno degli ultimi giorni sereni gli fu concesso di uscire in vettura. Il medico l'accompagnò. L'esito non fu cattivo perché egli si sentí lieto della variazione e il suo stato non peggiorò, ma col maltempo che sopravvenne l'esperimento non si poté ripetere.
Cosí continuò la sua vita vuota. Non v'era altra novità che nei medicinali. Ogni medicinale era buono per qualche tempo. Poi per avere lo stesso effetto bisognava aumentare la dose eppoi sostituirlo con un altro medicinale. Vero è che dopo qualche mese si ritornava da capo.
In quell'organismo però si creò un certo equilibrio. Se andava verso la morte il suo movimento era impercettibile. Non si trattava piú del dolore, eroico per la sua intensità, di quella notte quando la morte aveva alzato il braccio per dargli il colpo decisivo. Tutt'altro. Forse - come era allora - non valeva piú la pena di colpirlo. Egli credeva di stare ogni giorno meglio. Gli pareva che l'appetito anch'esso fosse ritornato. Ci metteva del tempo ad ingoiare le sue minestre insipide e credeva sinceramente di mangiare. In casa c'erano ancora di quelle scatole contenenti cibi eccitanti. Il vecchio ne prendeva una nelle mani tremanti: leggeva il nome della celebre fabbrica e la riponeva. Pensava di conservarla per il giorno in cui sarebbe stato meglio. Per quel giorno erano conservate anche bottiglie di sciampagna. S'era visto che per la malattia quel vino non giovava.
La parte piú importante della giornata era quella ch'egli passava ad una finestra nelle ore piú calde. Quella finestra era un pertugio per cui si vedeva la vita che continuava a svolgersi sulle strade anche dacché egli ne era stato esiliato. Se la donna del peccato (cosí egli la chiamava) gli era vicina, egli criticava con lei il lusso che tuttavia appariva sulle povere vie di Trieste o compiangeva con tono alquanto enfatico la miseria che vi transitava in processione. Di faccia alla sua casa vi era un fornaio e spesso a quella porta si schierava la fila della gente che aspettava il tozzo di pane. Il vecchio compiangeva quella gente che aspettava con tanta ansietà un pane mal cotto che a lui faceva schifo, ma qui la sua pietà era una vera ipocrisia. Egli invidiava coloro che liberamente si muovevano per le vie. Puerilmente. In massima egli si trovava bene nella stanza protettrice, ben riscaldata, ma gli sarebbe piaciuto di vedere anche al di là di quella via. Gli esseri che passavano e destavano la sua curiosità, perché vestiti troppo bene o troppo male, svoltavano ed ecco che per lui erano perduti.
Una notte in cui non poteva dormire, si mise a camminare per la stanza, e nell'ansietà di moversi e di avere una distrazione andò alla finestra. La fila alla porta del fornaio era già costituita, tanto lunga che anche di notte macchiava di nero il marciapiede. Neppure allora compianse sinceramente quella gente che aveva sonno e non poteva andare a dormire. Egli aveva il letto e non poteva dormire. Stavano certo meglio i componenti della fila!
In quei giorni ci fu Caporetto. Le prime notizie del disastro egli le ebbe dal suo medico venuto a trovarlo per piangere in compagnia del vecchio amico, che egli (povero medico!) credeva capace di sentire come lui. Invece il vecchio non vide in quell'evento altro che un beneficio: la guerra si allontanava da Trieste e perciò da lui. Il medico piangeva: - Non vedremo piú neppure i loro velivoli! - Il vecchio mormorava: - Infatti! Forse non li vedremo piú! - Sentiva nell'animo la gioconda speranza di notti tranquille, ma tentava di copiare sulla propria faccia il dolore che vedeva impresso su quella del medico.
Nel pomeriggio, quando stava bene, riceveva il suo procuratore, un vecchio impiegato che godeva di tutta la sua fiducia. Negli affari il vecchio rimaneva abbastanza energico e lucido, e l'impiegato ne traeva la conclusione che la malattia del vecchio non fosse molto grave e che prima o poi sarebbe ritornato agli affari. Ma l'energia negli affari era la stessa che lo dirigeva nella tutela della sua salute. La piú lieve indisposizione lo induceva a rimandare gli affari al giorno dopo. E per stare meglio sapeva anche dimenticare gli affari non appena il suo impiegato se n'era andato. Si sedeva davanti alla stufa e amava di gettarvi dei pezzi di carbone che guardava poi bruciare. Poi chiudeva gli occhi abbacinati e li riapriva per riprendere lo stesso giuoco. Cosí passava la sera di giornate pur esse tanto vuote.
Ma cosí non doveva finire la sua vita. È il destino di certi organismi di non lasciar alcun residuo per la morte che cosí non arriva ad afferrare altro che un vaso vuoto. Tutto quanto poteva ardere arse e l'ultima sua fiamma fu la piú bella.


VII.

Il vecchio era alla finestra a guardare sulla via. Era un pomeriggio fosco. Il cielo era coperto da una nebbia grigiastra e il selciato bagnato ad onta che non fosse piovuto da due giorni. La fila degli affamati andava formandosi dinanzi alla porta del fornaio.
Il caso volle che la giovinetta passasse giusto allora dinanzi al balcone occupato da lui. Era senza cappello, ma al vecchio che non avrebbe saputo indicare alcun particolare del suo vestito parve meglio messa che nei tempi in cui l'amava. L'accompagnava un giovane vestito esageratamente alla moda, inguantato, un fine ombrello che si alzò alto due o tre volte col braccio che volle accompagnare la parola evidentemente vivace. Anche la giovinetta rideva e ciarlava.
Il vecchio guardava e ansava. Non era piú la vita altrui che passava per quella via, era la propria. E il primo istinto del vecchio fu di gelosia. L'amore non c'entrava, ma solo la piú abbietta gelosia: - Essa ride e si diverte mentre io sono ammalato. - Avevano sbagliato insieme e a lui ne era derivata la malattia, a lei nulla. Che fare? Essa procedeva col suo passo leggero e presto sarebbe arrivata alla svolta della via dove sarebbe scomparsa. Perciò il vecchio ansava. Non c'era neppur tempo di chiarire i propri pensieri ed egli avrebbe sentito tanto il bisogno di parlare e di predicarle la morale!

...continua


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