L'uomo solo

Ora, intendi? tua moglie spera in una di queste certo non frequenti occasioni. Io penso però che ella conta su tante cose che le verranno certo a fallire; e prima, che con tutta quella sua bravura nel parlar francese le debba durare tanto affetto e tal pensiero per te (ti chiedo licenza di dubitarne); e poi, che possa far tanti risparmi da accumulare quanto basti a comperar questa tomba, diciamo così, di seconda mano. E la pigione del loculo, in tutto questo tempo, chi la paga? Capisco che la pagherò io, - mi par di sentirmelo gridare da una vocina dentro la cassaforte qui accanto - ma ciò non toglie che non sia una segnalata pazzia.
E giacché siamo a questi discorsi angustiosi, intratteniamocene ancora un po'. Sai che sono metodico e meticoloso e che soglio tener conto di tutto. Sto facendo la nota delle spese mensili e ci sono anche quelle che ho fatte per te. Vogliamo parlare un po' d'interessi come prima?
Ho cercato di far tutto, Momino mio (trasporto funebre, sotterramento, eccetera), con decenza, salvando quella modestia che tu hai tanto raccomandato nel tuo testamento. Ma mi sono accorto che a Roma quasi quasi costa più il morire che il vivere, che pur costa tanto, e tu lo sai. Se te la facessi vedere, questa noticina presentatami jeri dall'agente della nuova Società di pompe funebri, ti metteresti le mani ai capelli. Eppure, prezzi di concorrenza, bada! Ma quello che m'ha fatto groppo è stato il pretino unto e bisunto della parrocchia qua di San Rocco, che ha voluto venti lire per spruzzarti un po' d'acqua su la bara e belarti un requiem... Ah, quando muojo io, niente! Già, al fuoco! È più spiccio e più pulito. Ognuno però la pensa a modo suo; e, pure da morti, abbiamo la debolezza di volerci in un modo, anziché in un altro. Basta.
Interessi.
Sai che ancora un po' di quel che avevo, mi resta; sai che i bisogni miei sono limitatissimi e che ormai nessun desiderio più m'invoglia di sperare; tranne quello di morir presto, sperare che sia senza avvedermene.
Che si diceva? Ah, dico: che debbo farmene di questo poco che mi resta? Lasciarlo, dopo morto, in opere di carità? Prima di tutto, chi sa come e dove andrebbe a finire; poi, io non ho di queste tenerezze tardive per il prossimo in generale. Il prossimo, io voglio sapere come si chiama.
Orbene, poiché certe cose si scrivono meglio che non si dicano a voce, ho scritto a tua moglie che era mia ferma intenzione, e che anzi stimavo come dovere, continuare a fare per la vedova dell'unico amico mio quel ch'ero solito di fare per lui: contribuire, cioè, alle spese di casa.
Momo, prenditi questo decottino a digiuno. Sai come m'ha risposto tua moglie? M'ha ringraziato, prima di tutto, come si può ringraziare un qualunque estraneo; ma lasciamo andare; ha poi soggiunto che, per il momento, sì, dice, purtroppo si vede costretta a non ricusare i miei graziosi favori, perché avendo dischiavacciato lo stipetto, dove tu eri solito di riporre il sudor delle tue fatiche, dice, non vi ha trovato che sole lire cinquanta, con le quali evidentemente, dice, non è possibile pagar la pigione di casa che scade il giorno quindici, saldare alcuni conti con parecchi fornitori di commestibili e farsi un modesto abito da lutto di assoluta necessità.
Indovinerai dalle frasi che ti ho trascritte chi ha dettato a tua moglie questa lettera: i graziosi favori, il dischiavacciato, il sudor delle tue fatiche non possono uscire che dalla bocca di tuo cognato... cioè, no: verrebbe a essere di te cognato di tua moglie, è vero? il signor Postella, insomma, il quale - te ne avverto di passata - ha preso definitivamente domicilio in casa tua insieme con la sua metà, e dormono nella stessa camera in cui sei morto, in cui dormivamo tu e io.
Andiamo avanti. La lettera mi annunziava, seguitando, alcuni disegni per l'avvenire: che tua moglie, cioè, spera, o almeno desidera, di trovar da lavorare in casa, o qualche dignitoso collocamento in una nobile famiglia, come lettrice o istitutrice, mettendo a profitto, dice, i preziosi ammaestramenti che tu le lasciasti in unica e cara eredità. Ma non ti dar pensiero neanche di questo. Finché ci sono qua io, sta' pur sicuro che non ne farà di nulla. Intanto la lettera terminava con questa frase: «E fiducialmente La saluto!» - Fiducialmente! Dove va a pescarle le espressioni tuo cognato? Bada che è buffo sul serio!
E a proposito del dischiavacciato: la chiave dello stipetto dove l'hai lasciata? Non si è potuta trovare: e quel linguajo, lo vedi, ha dovuto ricorrere al dischiavacciamento. Questi napoletani, quando parlano l'italiano... Ma, chi sa! la troppa fretta d'aprire non gli avrà forse lasciato cercar bene e trovare la chiave... Mi dispiace per lo stipetto, ch'era roba nostra in comune: lo stipetto di mia madre, una santa reliquia per me. Basta. Parliamo d'altro.
Questa notte la mia giacca, posata su la poltrona a piè del letto, d'accordo col lumino da notte relegato sul pavimento in un angolo della camera, s'è divertita a farmi provare un soprassalto, combinandomi uno scherzetto d'ombra.
Dopo aver dormito un pezzo con la faccia al muro, nel voltarmi mi sono mezzo svegliato e ho avuto la momentanea impressione che qualcuno fosse seduto su la poltrona.
Ho subito pensato a te. Ma perché mi sono spaventato?
Ah se tu potessi veramente, anche come una fantasima, farti vedere da me, le notti; venire qua comunque a tenermi compagnia!
Ma già, potendo, tu te n'andresti da tua moglie, ingrato! Ella però ti chiuderebbe la porta in faccia, sai? o scapperebbe via dallo spavento. E allora tu te ne verresti qua da me, per essere consolato; e io seduto come sono adesso davanti al tavolino, e tu di fronte a me, converseremmo insieme, come ai bei tempi... Ti farei trovare ogni sera una buona tazza di caffè e tu, caffeista, giudicheresti se lo faccio meglio io, o tua moglie; la pipetta e il giornale. Così te lo leggeresti da te il giornale; perché io, sai, non c'è verso: non ci resisto; mi ci sono provato tre volte e ho dovuto smettere subito.
Mi sono confortato pensando che se io, vivo, posso farne a meno, a più forte ragione potrai farne a meno tu, ormai, non è vero?
Dimmi di sì, ti prego.
Tornando questa mattina dal cimitero, mi son sentito chiamare per Via Nazionale:
- Signor Aversa! Signor Aversa!
Mi volto; il nipote del notajo Zanti, uno di quei giovanotti che tu (non so perché) chiamavi discinti. Mi stringe la mano e mi dice:
- Quel povero signor Gerolamo! Che pena!
Chiudo gli occhi e sospiro. E il giovinotto:
- Dica, signor Tommaso, e la moglie... la vedova?
- Piange, poverina.
- Me l'immagino! Andrò oggi stesso a fare il mio dovere...
Molte visite di condoglianza riceverà tua moglie, Momino. E se fosse brutta e vecchia? Nessuna.
Anche a costo di parer crudele, bisogna che io ti abitui a queste notizie. Con l'andar del tempo, temo non debba dartene di assai peggiori. La vita è trista, amico mio, e chi sa quali e quante amarezze ci riserba.
Mezzanotte. Dormi in pace.


III.

Che buffoni, amico mio, che buffoni!
Sono venuti stamane a trovarmi il signor Postella e quella montagna di carne ch'egli ha il coraggio di chiamare la sua metà. Sono venuti a trovarmi per chiarire, dice, la lettera che jeri mi scrisse tua moglie.
Capisci che fa tuo cognato? Prima scrive in quella razza di maniera, e poi viene a chiarire.
Basta... L'intima e vera ragione della sua visita d'oggi però avrà pur bisogno, vedrai, d'esser chiarita meglio da una seconda visita, domani.
Io almeno non ho saputo vederci chiaro abbastanza. M'è parso soltanto di dover capire che il signor Postella intende di far doppio giuoco e ho voluto metter subito le carte in tavola.
Veramente, prima l'ho lasciato dire e dire. Plinio insegna che le donnole, innanzi che combattano con le serpi, si muniscono mangiando ruta. Io fo meglio: mi munisco lasciando parlare il signor Postella; assorbisco il succo del suo discorso; poi lo mordo col suo stesso veleno.
Ah, se avessi visto come si mostrava afflitto della lettera di tua moglie: afflittissimo! E siccome non la finiva più, a un certo punto, per consolarlo, gli ho detto:
- Senta, caro signor Postella, lei ha non so se la disgrazia o la fortuna di possedere uno stile. Dote rara! se la guardi! Dica un po', è forse pentito di quello che m'ha fatto scrivere jeri dalla moglie dell'amico mio?
Poveretto, non se l'aspettava. Ha battuto per lo meno cento volte di seguito le palpebre, per quel tic nervoso che tu gli sai; poi col risolino scemo di chi non vuol capire e finge di non aver capito:
- Come come?
La moglie non ha detto nulla, ma per lei ha scricchiolato la seggiola su cui stava seduta.
- Sì, badi, - ho ripreso io, impassibile - non desidererei di meglio, signor mio.
E allora è venuta fuori la spiegazione, durante la quale ho molto ammirato Postella moglie, che pendeva dalle labbra del marito e approvava col capo quasi a ogni parola, lanciandomi di tanto in tanto qualche sguardo, come per dirmi:
«Ma sente come parla bene?»
Io non so se quel baccellone di piano abbia mai posseduto un cervello; certo è che ora, se lo ha, non lo tiene più in esercizio, tale e tanta fiducia ripone in quello del marito, che è uno, sì, ma basta, secondo lei, per tutti e due, e ne avanza.
Per farla breve, il signor Postella ha confermato d'averla scritta lui la lettera; ma, beninteso! per espresso incarico di tua moglie, che nel dolore, dice, al quale tuttavia è in preda, non sentendosi in grado, dice, di stenderla lei, gliene suggerì i termini. Egli, il signor Postella, ne fu dolentissimo, ed ecco, me ne dava una prova con la sua visita d'oggi. Dall'altro canto però ha voluto scusar tua moglie, e che la scusassi anch'io considerando le delicate ragioni, dice, che le avevano consigliato di farmi scrivere in quel modo.
E qui s'è chiarito un equivoco, o meglio, un malinteso. Tua moglie, nel leggere la mia lettera - dove (promettendole che avrei continuato a far per lei quello che facevo per te) io avevo usato la frase contribuire alle spese di casa - ha capito, dice, ch'io volessi seguitare a vivere come per l'addietro, e cioè più a casa tua, che in queste tre stanzette mie... Ma, nel dirmi questo, le palpebre del signor Postella parevano addirittura impazzite sotto il mio sguardo a mano a mano più sdegnoso e sprezzante.
Io non mi faccio ombra d'illusione su la natura dei sentimenti di tua moglie per me: le antipatie sono reciproche. Ma non tua moglie, Momo, lui, lui, il signor Postella ha temuto invece che fosse mia intenzione seguitare nel solito andamento di vita, come se tu non fossi morto; guarda, ci metterei le mani sul fuoco. E avrà persuaso tua moglie a scrivermi a quel modo, dandole a intendere che la gente, altrimenti, avrebbe potuto malignare su lei e su me.

...continua


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