I vecchi e i giovani

- Coraggio, coraggio, Titina!
Conveniva soffrirseli in pace gli sgarbi e i raffacci di quel vecchio. Il quale, sì, guaj e rischi d'ogni sorta ne aveva toccati e affrontati in vita sua, senza fine; ma che fortuna, adesso, servire sotto don Cosmo che non si curava mai di nulla, fuori di quei suoi libracci che lo tenevano tutto il giorno vagante come in un sogno per i viali di Valsanìa!
Che differenza tra il principe suo padrone e questo don Cosmo! che differenza poi tra entrambi questi fratelli e la sorella donna Caterina Auriti, che viveva - vedova e povera - a Girgenti!
Da anni e anni tutti e tre erano in rotta tra loro.
Donna Caterina Laurentano aveva seguito lei sola le nuove idee del padre; e poi si diceva che, da giovinetta, aveva recato onta alla famiglia, fuggendo di casa con Stefano Auriti, morto poi nel Sessanta, garibaldino, nella battaglia di Milazzo, mentre combatteva accanto al Mortara e al figlio don Roberto, che ora viveva a Roma e che allora era ragazzo di appena dodici anni, il più piccolo dei Mille. Figurarsi, dunque, se il principe poteva andar d'accordo con quella sorella! Ma con Cosmo, intanto, perché no? Questi, almeno apparentemente, non aveva mai parteggiato per alcuno. Ma forse non approvava la protesta del fratello maggiore contro il nuovo Governo. Chi aveva però ragione di loro due? Il padre, prima che liberale, era stato borbonico, gentiluomo di camera e chiave d'oro: che meraviglia, dunque, se il figlio, stimando fedifrago il padre, s'era serbato fedele al passato Governo? Meritava anzi rispetto per tanta costanza: rispetto e venerazione; e non c'era nulla da ridire, se voleva che tutti sapessero com'egli la pensava, anche dal modo con cui vestiva i suoi dipendenti. Sissignori, sono borbonico! ho il coraggio delle mie opinioni!
Un toffo di terra arrivò a questo punto alle spalle di capitan Sciaralla, seguíto da una sghignazzata.
Il capitano diè un balzo sulla sella e si voltò, furente. Non vide nessuno. Da una siepe sopra l'arginello venne fuori però questa strofetta, declamata con tono derisorio, lento lento:

Sciarallino, Sciarallino,
dove vai con tanta boria
sul ventoso tuo ronzino?
Sei scappato dalla storia,
Sciarallino, Sciarallino?

Capitan Sciaralla riconobbe alla voce Marco Prèola, il figlio scapestrato del segretario del principe, e sentì rimescolarsi tutto il sangue. Ma, subito dopo, il Prèola gli apparve in tale stato, che le ciglia aggrottate gli balzarono fino al berretto e la bocca serrata dall'ira gli s'aprì dallo stupore.
Non pareva più un uomo, colui: salvo il santo battesimo, un porco pareva, fuori del brago, ritto in piedi, cretaceo e arruffato. Con le gambe aperte, buttato indietro sulle reni a modo degli ubriachi, il Prèola seguitò da lassù a declamare con ampii e stracchi gesti:

Oppur vai, don Chisciottino,
all'assalto d'un molino?
od a caccia di lumache
t'avventuri col mattino,
così rosso nelle brache,
nel giubbon così turchino,
Sciarallino, Sciarallino?

- Quanto sei caro! - sbuffò Sciaralla, allungando una mano alle terga, ove la mota gli s'era appiastrata.
Marco Prèola si calò giù, sul sedere, dall'arginello lubrico di fango, e gli s'accostò.
- Caro? No,- disse,- mi vendo a buon mercato! Ti piace la poesia? Bella! E séguita, sai? La stamperò su L'Empedocle domenica ventura.
Capitan Sciaralla stette ancora un pezzo a guardarlo, col volto contratto, ora, in una smorfia tra di schifo e di compassione. Sapeva che colui andava soggetto ad attacchi d'epilessia; che spesso vagava di notte come un cane randagio e spariva per due o tre giorni finché non lo ritrovavano come una bestia morta, con la faccia a terra e la bava alla bocca, o su al Culmo delle Forche o su la Serra Ferlucchia o per le campagne. Gli vide la faccia gonfia, deturpata da una livida cicatrice su la gota destra, dall'occhio alla bocca, con pochi peli ispidi biondicci sul labbro e sul mento; gli guardò il vecchio cappelluccio stinto e roccioso, che non arrivava a nascondergli la laida calvizie precoce; notò che calvo era anche di ciglia; ma non poté sostenere lo sguardo di quegli occhi chiari, verdastri, impudenti, in cui tutti i vizii pareva vermicassero. Cacciato dalla scuola militare di Modena, il Prèola era stato a Roma circa un anno nella redazione d'un giornalucolo di ricattatori; scontata una condanna di otto mesi di carcere, aveva tentato di uccidersi buttandosi giù da un ponte nel Tevere; salvato per miracolo, era stato rimpatriato dalla questura, e ora viveva alle spalle del padre, a Girgenti.
- Che hai fatto?- gli domandò Sciaralla.
Il Prèola si guardò l'abito cretoso addosso, e con un ghigno frigido rispose:
- Niente. Un insultino...
Con le mani aggiunse un gesto per significare che s'era voltolato per terra. Poi, all'improvviso, cangiando aria e tono, gli ghermì un braccio e gli gridò:
- Qua la lettera! So che l'hai!
- Sei matto? - esclamò Sciaralla con un soprassalto, tirandosi indietro.
Il Prèola scoppiò a ridere sguajatamente.
- Mi serve soltanto per annusarla. Càvala fuori. Voglio sentire se sa odor di confetti. Animale, non sai che il tuo padrone sposa?
Sciaralla lo guardò, stordito.
- Il principe?
- Sua Eccellenza, già! Non credi? Scommetto che la lettera parla di questo. Il principe annunzia le prossime nozze al fratello. Non hai visto monsignor Montoro? È lui il paraninfo!
Veramente monsignor Montoro in quegli ultimi giorni s'era fatto vedere molto più di frequente a Colimbètra. Che fosse vero? Sciaralla si sforzò d'impedire che quella notizia incredibile, di un avvenimento così inopinato, gli accendesse in un lampo la visione di splendide feste, di una gaja animazione nuova in quel silenzioso, austero ritiro; la speranza di regali per la bella comparsa che avrebbe fatto coi suoi uomini e il servizio inappuntabile che avrebbe disimpegnato... Ma il principe, possibile? così serio... alla sua età? E poi, come prestar fede al Prèola?
Cercando di nascondere la meraviglia e la curiosità con un sorriso di diffidenza, gli domandò:
- E chi sposa?
- Se mi dài la lettera, te lo dico, - rispose quello.
- Domani! Va' là! Ho capito.
E Sciaralla si spinse col busto per cacciar la giumenta.
- Aspetta! - esclamò il Prèola, trattenendo Titina per la coda. - M'importa assai delle nozze, e che tu non ci creda! Forse... vedi? questo mi premerebbe più di sapere... forse il principe parla al fratello delle elezioni, della candidatura del nipote. Non sai neanche questo? Non sai che Roberto Auriti, «il dodicenne eroe», si presenta deputato?
- So un corno io; chi se n'impiccia? - fece Sciaralla. - Non abbiamo l'on. Fazello per deputato?
- Non lo dico io che siete fuori della storia, vojaltri, a Colimbètra! - ghignò il Prèola. - Abbiamo le elezioni generali, e Fazello non si ripresenta, somaro, per la morte del figliuolo!
- Del figliuolo? Se è scapolo!
Il Prèola tornò a ridere sguajatamente.

...continua


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