L'esclusa

- Non capisco.
- Una lite! - urlò Rocco, additando la fronte.
- Ah, una lite, benissimo: A STRIFE, DER STEITE, UNE MˆLéE, YES, capito benissimo. Si dice LITE in italiano? LI-TE, benissimo. Che cosa posso io fare?
- Ho bisogno di te.
- (LI-TE). Non capisco.
- Voglio fare un duello!
- Ah, un duello, tu? Benissimo capito.
- Ma non so, - riprese Rocco, - non so proprio nulla di... di scherma. Come si fa? Non vorrei farmi ammazzare come un cane, capisci?
- Come un cane, benissimo capito. E allora qualche... COUP? Ah, un colpo - si dice? Sì, INFALLIBLE, io te lo insegnare. Molto semplice, sì. Subito?
E Bill, con una mossa da scimmia ben educata, staccò dalla parete due vecchi fioretti arrugginiti.
- Aspetta, aspetta... - gli disse Rocco, turbandosi alla vista di quei ferracci. - Spiegami, prima... Io sfido, è vero? oppure, schiaffeggio e sono sfidato. I padrini discutono, si mettono d'accordo. Duello alla sciabola, poniamo. Si va sul luogo stabilito. Ebbene, che si fa? Ecco, voglio saper tutto, con ordine.
- Sì, ecco, - rispose il Madden, a cui l'ordine, parlando, piaceva, per non imbrogliarsi; e si mise a spiegargli alla meglio, a suo modo, i preliminari d'un duello.
- Nudo? - domandò a un certo punto Rocco, costernatissimo. - Come nudo? perché?
- Nudo... di camicia, - rispose il Madden. - Nudo il... come si dice? LE TRONC DU CORPS... DIE BRUST... ah, YES, torso, il torso. O puramente, senza nudo, sì... come si vuole.
- E poi?
- Poi? Eh, si duellare... La SCIABLA; in guardia; à VOUS!,
- Ecco, - disse Rocco, - io, per esempio, prendo la sciabola; avanti, insegnami... Come si fa?
Bill gli dispose bene, prima di tutto, le dita di tra le basette. Rocco si lasciò piegare, stirare, atteggiare come un automa. Si avvilì presto però in quelle insolite positure stentate. - Cado! cado!, - e il braccio teso gli si stancava, gli s'irrigidiva; il fioretto, possibile? pesava troppo. - EH! EH! OLà! OILà, - incitava intanto il Madden. - Aspetta, Bill! - nel dare quel colpo, il piede sinistro come poteva star fermo? e il destro, Dio! Dio! non poteva più ritrarsi in guardia! A ogni movimento il sangue gli affluiva con impeto alla ferita della fronte. Intanto, alle pareti, i decrepiti mobili pareva che sussultassero, sbalorditi, agli sbalzi ridicoli delle ombre mostruosamente ingrandite di quei duellanti notturni.
BUM! BUM! BUM! - alcuni colpi bussati con rabbia sotto il pavimento.
Il Madden ristette, scosciato, con la gran fronte imperlata di sudore. Tese l'orecchio.
- Abbiamo svegliato il professore Luca!
Rocco si era abbandonato, rifinito, su una seggiola, con le braccia ciondoloni, la testa cascante, appoggiata alla parete; quasi in deliquio. Pareva, in quell'atteggiamento, che avesse già terminato il duello con l'avversario e ricevuto una ferita mortale.
- Abbiamo svegliato il professor Luca, - ripeté Bill, guardando Rocco, a cui tale notizia pareva non arrecasse alcuna spiacevole sorpresa.
- Andrò io dal Blandino, - diss'egli alla fine, levandosi in piedi. - Bisogna sbrigar tutto prima di domani. Il Blandino mi farà da testimonio. Addio; grazie, Bill. Conto anche su te, bada.
Il Madden accompagnò col lume in mano l'amico fino alla porta; aspettò sul pianerottolo che il professor Blandino venisse ad aprire e, allorché la porta del secondo piano fu richiusa, si ritirò facendo un suo gesto particolare con la mano, come se si cacciasse una mosca ostinata dalla punta del naso.
Luca Blandino accolse di malumore quella visita notturna. Borbottando, barcollando, introdusse Rocco per le altre stanze deserte, nella sua camera; poi, col barbone grigio abbatuffolato e gli occhi gonfii e rossi dal sonno interrotto, sedé sul letto con le gambe nude, pelose, penzoloni.
- Professore, abbia pietà di me, e mi perdoni, - disse Rocco. - Mi metto nelle sue mani.
- Che t'è accaduto? Tu sei ferito! - esclamò il Blandino con voce rauca, guardandolo con la candela in mano.
- Sì... ah se sapesse! Da dieci ore, io... Sa, mia moglie?
- Una disgrazia?
- Peggio. Mia moglie m'ha... L'ho scacciata di casa...
- Tu? Perché?
- Mi tradiva... mi tradiva... mi tradiva...
- Sei matto?
- No! che matto!
E Rocco si mise a singhiozzare, nascondendo la faccia tra le mani e nicchiando:
- Che matto! che matto!
Il professore lo guardava dal letto, non credendo quasi agli occhi suoi, ai suoi orecchi, così soprappreso nel sonno.
- Ti tradiva?
- L'ho sorpresa che... che leggeva una lettera... Sa di chi? dell'Alvignani!
- Ah birbante! Gregorio? Gregorio Alvignani?
- Sissignore - (e Rocco inghiottì). - Ora, capisce, professore... così... così non può, non deve finire! Egli è partito.
- Gregorio Alvignani?
- Scappato, sissignore. Questa sera stessa. Non so dove, ma lo saprò. Ha avuto paura... Professore, mi metto nelle sue mani.
- Io? Che c'entro io?
- Una soddisfazione, professore, io una soddisfazione certamente me la devo prendere, di fronte al paese. Non le pare? Posso restar così?
- Piano, piano... Càlmati, figlio mio! Che c'entra il paese?
- L'onore mio, professore! Le pare che non c'entri? Debbo difendere il mio onore... di fronte al paese...
Luca Blandino scrollò le spalle, seccato.
- Lascia stare il paese! Bisogna riflettere, ragionare. Prima di tutto: ne sei ben sicuro?
- Ho le lettere, le dico, le lettere che lui le buttava dalla finestra!

...continua


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