Una giornata

Effetto del sogno così di colpo interrotto fu che i fantasmi di esso, voglio dire quel signore a lutto e la immagine della MADDALENA diventata sua moglie, forse non ebbero il tempo di rientrare in me e rimasero fuori, nell'altra parte della camera oltre le colonne, dov'io nel sogno li vedevo; dimodoché, quando al fracasso springai da letto e con una strappata scostai il cortinaggio, potei intravedere confusamente un viluppo di carni e panni rossi e turchini avventarsi alla mensola del camino per ricomporsi nel quadro in un baleno; e sul divano, tra tutti quei cuscini scomposti, lui, quel signore, nell'atto che, da disteso, si levava per mettersi seduto, non più vestito di nero ma in pigiama di seta celeste a righine bianche e blu, che alla luce man mano crescente delle due finestre si andava dissolvendo nella forma e nei colori di quei cuscini e svaniva.
Non voglio spiegare ciò che non si spiega. Nessuno è mai riuscito a penetrare il mistero dei sogni. Il fatto è che, alzando gli occhi, turbatissimo, a riguardare il quadro sulla mensola del camino, io vidi, chiarissimamente vidi per un attimo gli occhi della MADDALENA farsi vivi, sollevar le pàlpebre dalla lettura e gettarmi uno sguardo vivo, ridente di tenera diabolica malizia. Forse gli occhi sognati della moglie morta di quel signore, che per un attimo s'animarono in quelli dipinti dell'immagine.
Non potei più restare in casa. Non so come feci a vestirmi. Di tanto in tanto, con un raccapriccio che potete bene immaginarvi, mi voltavo a guardar di sfuggita quegli occhi. Li ritrovavo sempre abbassati e intenti alla lettura, come sono nel quadro; ma non ero più sicuro, ormai, che quando non li guardavo più non si ravvivassero alle mie spalle per guardarmi, ancora con quel brio di tenera diabolica malizia.
Mi precipitai nella bottega dell'antiquario, che è nei pressi della mia casa. Gli dissi che, se non potevo vendere il quadro a quel suo amico, potevo però cedergli in affitto la casa con tutto l'arredo, compreso il quadro, s'intende, a un prezzo convenientissimo.
- Anche da oggi stesso, se il suo amico vuole.
C'era, in quella mia proposta a bruciapelo, tale ansia e tanto affanno, che l'antiquario ne volle sapere il motivo. Il motivo, mi vergognai a dirglielo. Volli che m'accompagnasse lì per lì all'albergo dove quel suo amico alloggiava.
Potete figurarvi come restai, quando in una stanza di quell'albergo me lo vidi venire avanti, appena alzato dal letto, con quello stesso pigiama a righine bianche e blu con cui l'avevo visto in sogno e sorpreso, ombra, nella mia camera, nell'atto di levarsi per mettersi seduto sul divano tra i cuscini scomposti.
- Lei torna da casa mia - gli gridai, allibito - lei è stato questa notte a casa mia!
Lo vidi crollare su una sedia, atterrito, balbettando: oh Dio, sì, a casa mia, in sogno, c'era stato davvero, e sua moglie...
- Appunto, appunto, sua moglie è scesa dal quadro. Io l'ho sorpresa che vi rientrava. E lei, alla luce, m'è svanito là sul divano. Ma ammetterà ch'io non potevo sapere, quando l'ho sorpreso sul divano, che lei avesse un pigiama come questo che ha indosso. Dunque era proprio lei, in sogno, a casa mia; e sua moglie è proprio scesa dal quadro, come lei l'ha sognata. Si spieghi il fatto come vuole. L'incontro, forse, del mio sogno col suo. Io non so. Ma non posso più stare in quella casa, con lei che ci viene in sogno e sua moglie che m'apre e chiude gli occhi dal quadro. Il motivo che ho io d'averne paura, non può averlo lei, perché si tratta di se stesso e di sua moglie. Vada dunque a ripigliarsi la sua immagine rimasta a casa mia! Che fa adesso? Non vuole più? Sviene?
- Ma allucinazioni, signori miei, allucinazioni! - non rifiniva intanto d'esclamare l'antiquario.
Quanto son cari questi uomini sodi che, davanti a un fatto che non si spiega, trovano subito una parola che non dice nulla e in cui così facilmente s'acquetano.
- Allucinazioni.



C'E' QUALCUNO CHE RIDE

Serpeggia una voce in mezzo alla riunione:
- C'è qualcuno che ride.
Qua, là, dove la voce arriva, è come se si drizzi una vipera, o un grillo springhi, o sprazzi uno specchio a ferir gli occhi a tradimento.
Chi osa ridere?
Tutti si voltano di scatto a cercare in giro con occhi fulminanti.
(Il salone enorme, illuminato sopra la folla degli invitati dallo splendore di quattro grandi lampadarii di cristallo, rimane in alto, nella tetraggine della sua polverosa antichità, quasi spento e deserto; solo pare allarmata, da un capo all'altro della volta, la crosta del violento affresco secentesco che ha fatto tanto per soffocare e confondere in un nerume di notte perpetua le truculente frenesie della sua pittura; si direbbe non veda l'ora che ogni agitazione cessi anche in basso e il salone sia sgombrato.)
Qualche faccia lunga, forzata con pietoso stiracchiamento a un afflitto sorriso di compiacenza, forse, a guardar bene, si trova; ma nessuno che rida, propriamente. Ora, sorridere di compiacenza sarà lecito, sarà credo anzi doveroso, se è vero che la riunione - molto seria - vuole anche aver l'aria d'uno dei soliti trattenimenti cittadini in tempo di carnevale. C'è difatti sulla pedana coperta da un tappeto nero un'orchestrina di calvi inteschiti che suona senza fine ballabili, e coppie ballano per dare alla riunione un'apparenza di festa da ballo, all'invito e quasi al comando di fotografi chiamati apposta. Stridono però talmente il rosso, il celeste di certi abiti femminili ed è così ribrezzosa la gracilità di certe spalle e di certe braccia nude, che quasi quasi vien fatto di pensare quei ballerini non siano stati estratti di sotterra per l'occasione, giocattoli vivi d'altro tempo, conservati e ora ricaricati artificialmente per dar questo spettacolo. Si sente proprio il bisogno, dopo averli guardati, di attaccarsi a un che di solido e rude: ecco, per esempio, la nuca di questo vicino aggrondato che suda paonazzo e si fa vento con un fazzoletto bianchissimo; la fronte da idiota di quella vecchia signora. Strano intanto: sulla squallida tavola dei rinfreschi, i fiori non sono finti, e allora fa tanta malinconia pensare ai giardini da cui sono stati colti questa mattina sotto una pioggerella chiara che spruzzolava lieve pungente; e che peccato questa pallida rosa già disfatta che serba nelle foglie cadute un morente odore di carne incipriata.
Sperduto qua e là tra la folla, c'è anche qualche invitato in domino, che sembra un fratellone in cerca del funerale.

La verità è che tutti questi invitati non sanno la ragione dell'invito. E' sonato in città come l'appello a un'adunata. Ora, perplessi se convenga meglio appartarsi o mettersi in mostra (che non sarebbe neanche facile tra tanta folla) l'uno osserva l'altro, e chi si vede osservato nell'atto di tirarsi indietro o di cercare di farsi avanti, appassisce e resta lì; perché sono anche in sospetto l'uno dell'altro e la diffidenza nella ressa dà smanie che a stento riescono a contenere; occhiate alle spalle s'allungano oblique che, appena scoperte, si ritraggono come serpi.
- Oh guarda, sei qua anche tu?
- Eh, ci siamo tutti, mi pare.
Nessuno intanto osa chiedere perché, temendo di essere lui solo ad ignorarlo, il che sarebbe colpa nel caso che la riunione sia stata indetta per prendere una grave decisione. Senza farsene accorgere, alcuni cercano con gli occhi quei due o tre che si presume debbano essere in grado di saperlo; ma non li trovano; si saranno riuniti a consulto in qualche sala segreta, dove di tanto in tanto qualcuno è chiamato e accorre impallidendo e lasciando gli altri in un ansioso sbigottimento. Si cerca di desumere dalle qualità di chi è stato chiamato e dalla sua posizione e dalle sue aderenze che cosa di là possa essere in deliberazione, e non si riesce a comprenderlo perché, poco prima, è stato chiamato un altro di qualità opposte e d'aderenze affatto contrarie.
Nella costernazione generale per questo mistero, l'orgasmo va crescendo di punto in punto. Si sa un'inquietudine come fa presto a propagarsi e come una cosa, passando di bocca in bocca, si alteri fino a diventare un'altra. Arrivano così da un capo all'altro del salone tali enormità da far restare tramortiti. E dagli animi così tutti in fermento vapora e si diffonde come un incubo, nel quale, al suono angoscioso e spasimante di quell'orchestrina, tra il brusìo confuso che stordisce e i riverberi dei lumi negli specchi, i più strani fantasmi guizzano davanti agli occhi di ciascuno, e come un fumo che trabocchi in dense volute, dalle coscienze che covano in segreto il fuoco d'inconfessati rimorsi, apprensioni traboccano e paure e sospetti d'ogni genere; in tanti la smania istintiva di correr subito a un riparo ha i più impreveduti effetti: chi sbatte gli occhi di continuo, chi guarda un vicino senza vederlo e teneramente gli sorride, chi sbottona e riabbottona senza fine un bottone del panciotto. Meglio far vista di niente. Pensare a cose aliene. La Pasqua ch'è bassa quest'anno. Uno che si chiama Buongiorno. Ma che soffocazione intanto questa commedia con noi stessi.
Il fatto (se vero) che qualcuno ride non dovrebbe far tanta impressione, mi sembra, se tutti sono in quest'animo. Ma altro che impressione! Suscita un fierissimo sdegno, e proprio perché tutti sono in quest'animo: sdegno come per un'offesa personale, che si possa avere il coraggio di ridere apertamente. L'incubo grava così insopportabile su tutti, appunto perché a nessuno par lecito ridere. Se uno si mette a ridere e gli altri seguono l'esempio, se tutto quest'incubo frana d'improvviso in una risata generale, addio ogni cosa! Bisogna che in tanta incertezza e sospensione d'animi si creda e si senta che la riunione di questa sera è molto seria.

Ma c'è poi veramente questo qualcuno che seguita a ridere, nonostante la voce che serpeggia ormai da un pezzo in mezzo alla riunione? Chi è? Dov'è? Bisogna dargli la caccia, afferrarlo per il petto, sbatterlo al muro, e, tutti coi pugni protesi, domandargli perché ride e di chi ride. Pare che non sia uno solo. Ah sì, più d'uno? Dicono che sono almeno tre. Ma come, di concerto, o ciascuno per sé? Pare di concerto tutt'e tre. Ah sì? venuti dunque col deliberato proposito di ridere? Pare.
E' stata prima notata una ragazzona, vestita di bianco, tutta rossa in viso, prosperosa, un po' goffa, che si buttava via dalle risa in un angolo della sala di là. Non ci s'è fatto caso in principio, sia perché donna, sia per l'età. Ha solo urtato il suono inatteso della risata e alcuni si sono voltati come per una sconvenienza, diciamo pure impertinenza, tracotanza là, se si vuole, ma perdonabile, via: un riso da bambina, del resto subito troncato, vedendosi osservata. Scappata via da quell'angolo, curva, comprimendosi, con tutte e due le mani sulla bocca, ha fatto senso - questo sì - udirla ancora ridere di là, in un prorompimento convulso, forse a causa della compressione che fuggendo s'era imposta. Bambina? Ora si viene a sapere che ha, a dir poco, sedici anni, e due occhi che schizzano fiamme. Pare che vada fuggendo da una sala all'altra, come inseguita. Sì, sì, è inseguita difatti, è inseguita da un giovinotto molto bello, biondo come lei, che ride anche lui come un pazzo inseguendola; e di tratto in tratto si ferma sbalordito dall'improntitudine di lei che si ficca da per tutto; vorrebbe darsi un contegno ma non ci riesce; si volta di qua e di là come sentendosi chiamare, e certo si morde così le labbra per tenere a freno un impeto d'ilarità che gli gorgoglia dentro e gli fa sussultare lo stomaco. Ed ecco che ora hanno scoperto anche il terzo, un certo ometto elastico che va ballonzollando e battendo i due corti braccini sulla pancetta tonda e soda come due bacchette sul tamburo, la calvizie specchiante tra una rossa corona di capelli ricciuti e una faccia beata in cui il naso gli ride più della bocca, e gli occhi più della bocca e del naso, e gli ride il mento e gli ride la fronte, gli ridono perfino le orecchie. In marsina come tutti gli altri. Chi l'ha invitato? Come si sono introdotti nella riunione? Nessuno li conosce. Nemmeno io. Ma so che è lui il padre di quei due ragazzi, signore agiato che vive in campagna con la figlia, mentre il figlio è agli studii qua in città. Saranno capitati a questa finta festa da ballo per combinazione. Chi sa che cosa, venendo, si saran detta tra loro, che intese e scherzi segreti si saran tra loro da tempo stabiliti, burle note soltanto a loro, polveri in serbo, colorate, da fuochi d'artificio, pronte a esplodere a un minimo incentivo, sia pure d'uno sguardo di sfuggita: fatto si è che non possono stare insieme: si cercano però con gli occhi da lontano e, appena si sbirciano, voltano la faccia e sotto le mani sbruffano certe risate che sono veramente scandalose in mezzo a tanta serietà.
L'ossessione di questa serietà è così su tutti incombente e soffocante, che nessuno riesce a supporre che quei tre ne possano esser fuori, lontani, e possano avere in sé invece una innocente e magari sciocca ragione di ridere così di nulla; la ragazza, per esempio, solo perché ha sedici anni e perché è abituata a vivere come una puledra in mezzo a un prato fiorito, una puledra che imbizzarrisca a ogni alito d'aria e salti e corra felice, non sa lei stessa di che: si può giurare che non s'accorge di nulla, che non ha il minimo sospetto dello scandalo che sta sollevando insieme col padre e col fratello così anch'essi festanti, alieni e lontani d'ogni sospetto.
Sicché quando, riuniti alla fine tutt'e tre su di un divano della sala di là, il padre in mezzo tra il figlio e la figlia, contenti e spossati, con un gran desiderio di abbracciarsi per il divertimento che si son presi, sgorgato dalla loro stessa gioja in tutte quelle belle risate come in un fragorìo d'effimere spume, si vedono venire incontro dalle tre grandi porte vetrate, come una nera marea sotto un cielo d'improvviso incavernato, tutta la folla degli invitati, lentamente, lentamente, con melodrammatico passo di tenebrosa congiura, dapprima non capiscono nulla, non credono che quella buffa manovra possa esser fatta per loro e si scambiano un'occhiata, ancora un po' sorridenti; il sorriso però va man mano smorendo in un crescente sbalordimento, finché, non potendo né fuggire e nemmeno indietreggiare, addossati come sono alla spalliera del divano, non più sbalorditi ma atterriti ora, levano istintivamente le mani come a parar la folla che, seguitando a procedere, s'è fatta loro sopra, terribile. I tre maggiorenti, quelli che, proprio per loro e non per altro, s'erano riuniti a consulto in una sala segreta, proprio per la voce che serpeggiava del loro riso inammissibile a cui han deliberato di dare una punizione solenne e memorabile, ecco, sono entrati dalla porta di mezzo e sono avanti a tutti, coi cappucci del domino abbassati fin sul mento e burlescamente ammanettati con tre tovaglioli, come rei da punire che vengano a implorare da loro pietà. Appena sono davanti al divano, una enorme sardonica risata di tutta la folla degli invitanti scoppia fracassante e rimbomba orribile più volte nella sala. Quel povero padre, sconvolto, annaspa tutto tremante, riesce a prendersi sotto braccio i due figli e, tutto ristretto in sé, coi brividi che gli spaccano le reni, senza poter nulla capire, se ne scappa, inseguito dal terrore che tutti gli abitanti della città siano improvvisamente impazziti.



VISITA

Cento volte gli avrò detto di non introdurmi gente in casa senza preavviso. Una signora, bella scusa:
- T'ha detto Wheil?
- Vàil, sissignore, così.
- La signora Wheil è morta jeri a Firenze.
- Dice che ha da ricordarle una cosa.

(Ora non so più se io abbia sognato o se sia davvero avvenuto questo scambio di parole tra me e il mio cameriere. Gente in casa senza preavviso me n'ha introdotta tanta; ma che ora m'abbia fatto entrare anche una morta non mi par credibile. Tanto più che in sogno io poi l'ho vista, la signora Wheil, ancora così giovane e bella. Dopo aver letto nel giornale, appena svegliato, la notizia della sua morte a Firenze, ricordo infatti d'aver ripreso a dormire, e l'ho vista in sogno tutta confusa e sorridente per la disperazione di non saper più come fare a ripararsi, avvolta com'era in una nuvola bianca di primavera che s'andava a mano a mano diradando fino a lasciar trasparire la rosea nudità di tutto il corpo di lei, e proprio là dove più il pudore voleva ch'esso rimanesse nascosto; tirava con la mano; ma come si fa a tirare un vano lembo di nuvola?)


...continua


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