Guerra agli umani

Lo sfidante entra nel cerchio di luce, al guinzaglio di un angelo custode ubriaco di Jack Daniel's. Ha una ramazza di dreadlocks legata sulla testa. Ha lo sguardo fisso, occhi pallati. Ha la fifa tatuata sulla pelle.
Quella del guinzaglio è l'ultima buffonata partorita dal Marcio. Quasi nessuno la trova cosí divertente ma ogni tanto tocca dargli ragione. In fin dei conti, ha pure un suo scopo. Fughe dell'ultim'ora possono sempre capitare.
Orso mormora qualcosa all'orecchio del cane. Quello scopre le zanne e si mette a ringhiare. Silenzio improvviso, discorsi inghiottiti a metà. Lontani rumori di strada e un fitto squittire tra i rami. Una donna nasconde la faccia sulla spalla della vicina. Il rudere, le auto, l'arena, gli spettatori: un unico animale notturno che trattiene il respiro.
Mahmeti si avvicina al cane col sigaro tra le labbra. Tira una lunga boccata e glielo spegne in testa. Lo scatto della bestia solleva polvere e grida.
Un balzo giaguaro, impressionante e rabbioso. Il nigeriano si copre con lo scudo. L'urto lo rovescia: ha le gambe molli. Finisce per terra e si scompone. Scalcia come una blatta per non farsi addentare la caviglia. Riesce a mettersi su un fianco, prova ad affondare il tirapugni nelle costole del cane. Lo sfiora appena. Quello ha stretto i denti sul bordo dello scudo e non molla piú. Con un colpo secco butta la testa all'indietro: l'angolo cede come cartone. Al secondo assalto, il plexiglas resiste meglio. Non altrettanto il braccio sinistro del nigeriano, infilato nelle cinghie. Gli strappi dell'avversario lo costringono ad aprire la guardia.
D'istinto, reagisce col destro, appena sotto la tempia. Conan rimane stordito, ma non molla. Tira lo scudo in modo da sfilarlo. Si abbassa sulle zampe anteriori e spinge con quelle dietro. Al quarto strattone lo sfidante allarga le dita. È senza protezione. È sempre per terra.
Un crocefisso d'ebano sulla polvere bianca.
- Duecento su Conan prima della fine.
- Andata.
Il nigeriano ansima, la lingua in gola. Prova a mettersi in piedi, ma il cane gli è addosso, zampe sul petto. Se lo azzanna sopra le spalle, è K.O. tecnico. Vince Conan, match sospeso. L'uomo si protegge col braccio metallizzato. Troppo lento. Il muso del cane penetra la guardia e punta la clavicola. L'uomo gli afferra il collo prima che i denti si chiudano. Il cane si scrolla con rabbia. Qualcuno urla.
- Tirati su, dai!
- Forza, negro, forza!
Quelli che hanno puntato sulla prima stringono pugni, occhi, mascelle.
- Dài bello, sbrana, sbrana!
Ma l'Orso soffia nel fischietto e strattona la corda. Fine Primo Round. Il braccio del nigeriano è ridotto male. Sangue impregna la gommapiuma.
Nel breve intervallo, sacchetti di patatine e sorsate alcoliche per combattere il freddo. Gli insicuri ritoccano le scommesse. I piú esperti lo hanno già fatto, durante lo scontro, come agenti di borsa prima che il titolo crolli.
Seconda Ripresa. Niente sigaro, solo una pacca sulla schiena. Conan si acquatta, ringhia, scarta di lato e si acquatta ancora, testa bassa e sedere alto. Si direbbe che studia l'avversario, il momento migliore per il balzo. L'altro trema e saltella. Passi laterali da granchio per non offrire il fianco scoperto. Conan prova un paio di attacchi, ma il nigeriano incassa con quel che resta dello scudo.
Al terzo tentativo, l'uomo parte in anticipo, finta a destra e cambia direzione. Il cane scivola ma gli è addosso lo stesso. L'altro salta: un metro e mezzo di elevazione. Afferra il randello mentre le zanne del fila gli sfiorano un piede. Ricade male, non ha tempo di girarsi. Alza il bastone e lo riabbatte dietro di sé. Conan è un buon incassatore. In allenamento lo chiudono in un sacco e lo riempiono di calci. Il primo colpo è una carezza sulla schiena. La testa scatta ad addentare una coscia. Gli occhi del nigeriano si rovesciano. Sa che non deve uccidere, ma il dolore svuota il cervello. Inizia a pestare come un martello pneumatico. Tre, quattro mazzate.
Rumore di ossa rotte. Intorno: di nuovo silenzio.
Conan ha mollato la presa. Non si muove piú. Una ragnatela di sangue avvolge costole e schiena. Striature nerastre sul pelo chiaro.
Pochi avevano puntato sul nigeriano. Adesso riscuotono, sorriso da intenditori stampato tra le orecchie. Per il vincitore, niente premio partita. È per terra anche lui. Ha fatto fuori un campione da sessanta milioni.
- T'ammazzo, negro!
Una lama di otto dita spunta dalla zampa dell'Orso. Si lancia sul nigeriano, che trascina la gamba per uscire dall'arena.
Mahmeti tira la corda del cane. Quel tanto che basta per sgambettare la vendetta.
- Calmo, Pinta. Non è problema.
A un cenno della testa, un paio di sgherri affiancano il vincitore. Casomai volesse un passaggio.
L'Orso solleva da terra uno sguardo furente. Si tira su, spazzola i pantaloni col taglio della mano e sputa dritto nella schiena del gladiatore.
Il cane sembra morto davvero.
Qualche spettatore prova a sorridere, scherza ad alta voce. Altri mettono in moto e sgommano via.
Mahmeti, Rinaldi e il dottor Taverna discutono fitto. Affari. Cani da caccia, import illegale dalla Slovenia. Un'offerta interessante. Una stretta di mano.
Gli sgherri scortano il nigeriano nella stalla. Ha due brutte ferite. Quella sulla coscia, aperta fino all'osso. L'infermiere del gruppo decide per qualche punto.
- Su con la vita, Niger - commenta uno durante la sutura - combatti gratis una decina d'anni e glielo ripaghi, il campione.
L'altro ride: - Che poi combattere gratis ti fa pure piú onore. I gladiatori veri combattevano gratis. Non sei contento?
Il nigeriano strabuzza gli occhi, ma non è una risposta. Il cosiddetto infermiere lo sta ricucendo a crudo, senza anestesia.
L'onore gladiatorio è l'ultimo dei suoi problemi.


2. Perfect Day

È il primo giorno d'ottobre. Mattina. La gente parla di clima estivo e cappotti ancora nell'armadio. Io sono senza lavoro. Da una settimana.
Niente di strano. Inserivo dati nel computer di una ditta. I dati sono finiti. Lo stipendio anche. Restano settecento euro in banca, un mese d'affitto arretrato, la bolletta del telefono e uno zaino, pronto da mesi, dietro la porta di cucina.
Prima dell'estate pulivo cessi al cimitero. Non era infame come sembra. Il luogo è poco affollato e nessuno molla una sepoltura per andare a cagare. C'erano fiori freschi per la mia ragazza e certe mattine non bisognava nemmeno dare lo straccio. L'azienda leader nel settore ne ha dedotto che il personale era in forte esubero. S'imponeva il taglio di un addetto su tre. Ho salutato le due colleghe bielorusse e coi soldi dell'ultima settimana mi sono preso lo zaino.
Ora sento che ci siamo. Ho appena fatto provviste.
Fuori dall'ipermercato, carrelli e abbronzature mi circondano minacciosi. Gente che guadagna. Vorrei aggrapparmi a un colletto qualsiasi, e sussurrare parole indecenti all'orecchio del proprietario: - Ehi, amico, senti un po' qua: il sottoscritto non fa un cazzo da una settimana. Non è disgustoso?
Una batteria di cabine telefoniche mi richiama all'ordine. Almeno mia sorella la dovrei avvertire.
Parto, Sandra. È deciso. Se c'è riuscito Thoreau posso farcela anch'io. La massa degli uomini conduce vite di quieta disperazione. Siamo solo attrezzi dei nostri attrezzi, assediati da eserciti di necessori. Questa civiltà si basa su non-cicli ed è votata all'estinzione. Il futuro è nelle attività silvopastorali.
L'apparecchio funziona solo a scheda. Uno su cinque accetta anche monete, ma so già cosa mi aspetta. È fuori servizio. Mangia i soldi oppure li sputa. Ha la cornetta spalmata di resina.
Decido per un biglietto. Meno inconvenienti.
Arrivo a casa, appoggio la spesa, accendo una sigaretta e lo stereo. Perfect day, Lou Reed, versione noise dei Melt Banana.

Cara Sandra,

...continua


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